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IO

Di Daniela Zeffiro

Premessa

Sto cominciando a scrivere questo breve racconto partendo da una sola cosa che mi fluttua nella testa ovvero disegnare una sola parola e trasformarla nell’immaginazione dell’azione che essa provoca in tutti gli esseri umani che ho conosciuto, ma non solo. La parola o meglio nella grammatica italiana è un nome di persona singolare ed è esattamente quella del titolo: Io                                                                 

Allora, da dove posso cominciare? Forse dalla semplicità di questo pronome singolare accompagnato sempre dall’azione: Io sono, io dico, io faccio, eccetera eccetera. Mi sono soffermata su ogni labbra di essere umano che ha pronunciato Io ed è sempre la solita comunicazione:Io sono al centro, io sto male, io sto cercando, io sto bene, io adesso mi occupo solo di me stessa.                                              

Io è diventato il pronome personale singolare più gettonato di tutta la nostra grammatica che pur è varia e ricca di fantasia, di parole musicali che possono eseguire intere sinfonie di frasi. Eppure anche quando si scrive perché qualcun altro possa leggere, l’unica comunicazione che si dà è: Io ho vissuto, io sto vivendo, io ho incontrato, io ora racconto. Non si sfugge da questo cerchio, nemmeno il sentimento più nobile al mondo, se si sa cosa sia veramente, viene usato in altra forma se non come strumento della propria individualità interiore e sto parlando dell’amore. L’uso dell’Io in questo universo emozionale è da guinness dei primati, io cosa non farei per te, io ti amo, io sono, io faccio, io farò e poi quando tutto ha termine o avrà termine ci sarà la fatidica frase: dopo tutto quello che Io ho fatto per te! E non bisogna perdere la traccia dei risultati di addii et affini: io ho dato gli anni migliori e adesso io devo recuperare il tempo perso! Io ancora fortemente io! Non vorrei si fraintendesse il significato di questo soliloquio fra me e queste pagine bianche, l’io è funzionale quando è un punto di partenza di quel grande e meraviglioso percorso di strada chiamato vita. E’ una particella formidabile di un universo creato da una mente di troppa intensità per poterla spiegare.                                 

Attraverso le diverse credenze può chiamarsi Dio o quello che si vuole inventare, ma questa particella ha un immenso potere e viaggiando nel Tempo conosciuto come costruzione di un mondo, di un universo, di una magia che ha fatto nascere questo piccolo pronome personale, egli si è sviluppato in quel bene infinito di progettualità morale, emozionale e di invenzioni creative, ma si è spento nella massa quotidiana di eventi comuni.                                     

Noi tutti facciamo parte di questo nucleo quotidiano e quando le situazioni malate oppure solo problematiche travolgono, ecco che ci si ispira ad un’unica parolina, ovvero quel piccolo pronome personale che non farebbe guai se usato nella sua giusta indicazione: io , ma non è più l’io sublime diquella particella creata ancor prima di tutto quanto il genere umano e oltre.                              

L’io delle amicizie perdute, che si vorrebbero ricucire per poter ripartire da una rete di pesca dove sia possibile riunire al proprio desco di vita, affetti e sentimenti nei propri eventi distruttori, sembra impresa impossibile. Ci si trova così nell’immensa solitudine, circondati da tanti io che acclamano, giustamente, il proprio desiderio di esistere e di esserci, ma lontani da un’altra parola che è sempre un pronome singolare, ma plurale, cioè: noi! Noi è un’attivazione di individualità, non una soppressione dell’identità. Noi partecipa alla solitudine dell’io, lo prende per mano e gli fa ascoltare il battito di un altro io. Un’empatia che, quando si riconosce, il mondo intorno si migliora.                                                                                                                                                                                                                                                                                               

Fine premessa                                                                                                   

La lunga premessa iniziale partita dal titolo non è altro che il lancio per entrare nello spirito dell'ispirazione data e che ha inizio con questa frase " Un giorno ti svegli e non sei più la stessa…" A me è accaduto tutti i giorni e di recente, cosa di pochi mesi fa, me ne sono resa conto, improvvisamente, per cui ogni volta che mi sveglio non sono più la stessa della notte precedente perché ogni giorno cambio, mi evolvo, così ho deciso di non essere solo io, ma noi, anche se avrò solo me accanto, sarò noi, anzi saremo noi e mai cosa mi è stata tanto gradita come ricostruire interiormente la mia creatività e darne l'importanza che merita. In uno spazio dove il tempo sembra circolare in modo vertiginoso, rallento i ritmi per ascoltare più che sentire ciò che non solo circonda me, ma quello che circonda la restante parte di me. Non so quando è successo tutto questo, nella magia dell'improvvisazione questa prevaricazione di Io non mi basta più per affrontare ciò che l'incognito di domani mi prepara, anzi ci prepara. "Un giorno ti svegli e non sei più la stessa, ma la proiezione di ciò che avresti voluto essere" è guardare verso qualcosa di molto più grande del letto dove ci si riposa la notte, della tazza di caffè o thè del mattino e di tutti quei gesti fatti più o meno consapevolmente. La mia proiezione non è altro che una me consapevole di essere, di esistere finalmente per non sprecare gocce di altra esistenza. Ogni momento di ogni risveglio ha il rintocco di un libro dove le pagine vengono scritte dai pensieri e dalle azioni. Ricominciare è trovarsi in ogni forma di vita, è uscire dalla propria traiettoria visiva e scoprire altri angoli da dove poter guardare per osservare altre prospettive. Poiché un angolo visto da un altro angolo non è mai uguale all'angolo d’immagine da cui si parte. I tanti angoli di visuale riportano tanti specchi leonardeschi dove si moltiplica l'immagine riflessa, e, se si guarda bene in profondità si capisce che nonostante l'immagine sia la stessa, in realtà ogni sfaccettatura è diversa dall'altra pur partendo da una sola figura. Io non sono altro che noi. Io che ora viaggio per mano a quell'entità costruita negli anni: Io non voglio, desidero, e desiderare non è sete di potere come invece il verbo volere è. Desiderare è un sogno, una verità data dalla bellezza della saggezza, dalla consapevolezza del sapere, dal senso di comprensione che dà la leggerezza di oltrepassare l'altra parte della vita con meno avidità di come si è trascorsa la prima. Scoprire di avere e non possedere è il più grande dono che si possa ricevere dalla nostra seconda opportunità progettuale. Nel momento in cui la mia solitudine si è trasformata in noi ho vissuto quella proiezione di me intorno a me, accarezzando il respiro dell'aria dalla sua alba sino a quelle ore notturne che fanno della scrittura disegni di immagini, suoni, colori, di aspirazioni e di storie. Noi, per chi scrive è solo questo. Dare i nostri angoli nascosti, per creare bellezza e verità! Noi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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